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Savana Funk e dintorni: conversazione con Aldo Betto
S’intitola “Savana Funk” l’ultimo lavoro del chitarrista e compositore Aldo Betto e dei suoi compagni d’avventura, il bassista londinese Blake Franchetto e il batterista d’origine berbera Youssef Ait Bouazza. Uscito a febbraio 2017 per l’etichetta Brutture Moderne, il disco ha visto la luce ad appena un anno di distanza dal primo album, “Musica analoga”. La title-track mantiene le promesse: “Savana Funk” si apre infatti con un brano funk, elettrizzante e ricco di groove (lo stesso con cui il trio dà il via alle incendiare jam session al Cortile Cafè di Bologna).
Un irresistibile matrimonio di suoni: intervista ai Rumba de Bodas
Il loro sound è un mix travolgente di ritmi latin e swing, di sonorità balcaniche e funky, di soul e ska. Un groove irresistibile, che sembra fatto apposta per far venire voglia di ballare anche ai più pigri. Stiamo parlando dei Rumba de Bodas, interessante realtà della scena musicale bolognese.
Nato nel 2008, il gruppo festeggia quest’anno dieci anni di attività. Dieci anni in cui i Rumba hanno portato la loro musica in giro per l’Europa, suonando in Italia, Spagna, Romania, Francia e Regno Unito. In questo periodo hanno visto la luce anche due dischi, “Just Married” (2012) e “Karnaval Fou” (2014), che hanno avuto ottimi riscontri, permettendo alla band di esibirsi su palchi di festival prestigiosi come l’Audiosoup Festival e l’Edimburgh Jazz Festival, in Scozia, o l’Ealing Jazz Festival, in Inghilterra.
Cody Chesnutt, My Love Divine Degree e il live al Bravo Caffè
“Tutto può succedere quando c’è buona musica. È un piacere suonare in un posto così intimo, ma questa sera suono da solo, quindi dovrete cantare”. È con queste parole che Cody Chesnutt ha aperto il concerto di Bologna, in un affollatissimo Bravo Caffè. L’occasione è la presentazione del suo terzo album, “My Love Divine Degree”, uscito lo scorso 2 giugno per l’etichetta One Little Indian/Audioglobe.
Diventato improvvisamente famoso all’inizio del millennio, grazie al suo primo disco “The Headphone Masterpiece” e al singolo “The Seed 2.0” (arrangiato con la band hip hop “The Roots”), Chesnutt si prese in seguito del tempo per riflettere e smaltire la sua rapida ascesa nello star system, prima di tornare in studio e registrare “Landing On A Hundred”, il suo secondo album (2012). È attraverso le canzoni di questo disco che Cody ha ripensato la moderna musica soul, mescolandola a blues, R’n’B e funk, e lavorando a tutti i livelli: ritmo, sonorità, testi e temi trattati, positivi, onesti e socialmente consapevoli.
“Out of Sight” dei Julie Met: quando la voce interiore diventa groove
L’hanno detto loro e sarebbe difficile esprimerlo meglio di così: le loro canzoni raccontano stati d’animo “che tessono tele, circoscrivono inganni, raccontano verità, per poi liberarsi e non sentirsi più costretti”. Mescolando generi musicali e influenze stilistiche diverse – dal soul, al funk e all’R&B – i Julie Met hanno registrato un album emozionante, carico di energia e di groove. Primo EP per la band, “Out of Sight” è uscito il 21 settembre scorso ed è disponibile su Spotify e nei maggiori store digitali.
True Colors: quando la musica è a colori, di quelli veri
Prendete la voce incantevole e calda di Cristina Alagna, unite il tocco e il groove di Alberto Bergonzoni alla chitarra, aggiungete le ispirate reinterpretazioni acustiche e intimiste di standard jazz e classici soul, pop e blues, e poi condite il tutto con un pizzico d’ironia: ecco che avrete i True Colors.
Il nome del duo non solo cita la celebre hit di Cindy Lauper (presente, tra l’altro, nel repertorio), ma soprattutto, spiega Cristina, “descrive il nostro modo di vedere la musica e, più in generale, la vita. I colori della musica, delle note, delle dinamiche, delle emozioni. Colori veri, perché la musica si fa col cuore e con l’anima, non solo con la tecnica. E questo è quello che abbiamo voglia di dare a chi viene ad ascoltarci: pezzettini di noi. Il nome “True Colors” è stato il frutto di un’intensa serata di riflessioni tra amici sull’opportunità di dare al duo un nome proprio, piuttosto che qualcosa del tipo: “Alberto Bergonzoni e Cristina Alagna Acoustic Duo”. Io e Alberto eravamo concordi nel ritenere che il progetto avrebbe dovuto avere un nome suo, una vita propria, un codice fiscale, un piatto preferito e una carta d’identità valida per l’espatrio. In Italia sono tempi duri per la musica, si sa”.