Vinicio Capossela, quando l’ombra invade il teatro
È partito a fine febbraio il tour di Vinicio Capossela, “Ombra. Canzoni della Cupa e altri spaventi”, per portare sul palco l’ultimo album (“Canzoni della Cupa”, appunto), insieme a brani di repertorio che girano intorno al misterioso leitmotiv dell’Ombra. Lo spettacolo, messo in scena nei principali teatri italiani, ha fatto tappa anche a Bologna il primo marzo scorso, registrando il tutto esaurito.
“Da molti anni, nei tour che seguono l’uscita di un disco, mi sforzo di mettere in scena l’immaginario dell’opera” – racconta Capossela – “In questo tour l’Ombra è la materia sostanziale, esistenziale, scenica dello spettacolo. Si tratta di abituarci al buio e finire in una specie di ipnosi a metà tra veglia e sonno che faccia affiorare in noi le creature che ci abitano”.
Si spengono le luci dell’Europauditorium, ma il sipario rimane calato. Per i primi minuti non si sente altro che versi di uccelli e animali notturni. Poi le tende scorrono e il concerto ha inizio con il brano “Le creature della Cupa”. Un velo separa i musicisti dal proscenio – “un gruppo musicale dalla timbrica ombrosa, corde di violino, onde elettromagnetiche, membrane di tamburo” – lasciandoli nascosti nella semioscurità del palcoscenico, come in una grotta. Poi, in un gioco di ombre cinesi, l’ombra di Capossela viene proiettata sullo sfondo, con uno strano copricapo di rami intrecciati, che lo trasforma in figura mitologica.
“Una volta si facevano i governi – ombra” – scherza il cantautore – “Noi qui, invece, stiamo facendo un concerto – ombra”. E cos’altro è l’ombra se non il risvolto di una medaglia a due facce con la luce? L’ombra è opposizione, l’ombra è antitesi, nell’ombra trova spazio la metamorfosi. E così l’asino protagonista del blues “Scorza di mulo” si trasforma – non senza sofferenza, perché le trasformazioni sono anche dolorose – nel lupo de “Il Pumminale”, in un bosco nella notte di plenilunio.
L’ombra è ovunque, è fuori e dentro di noi, nel nostro inconscio. È nelle canzoni del nuovo album (“Maddalena la castellana”, “La notte di San Giovanni”, “L’angelo della luce” e “La bestia nel grano”), come in quelle dei dischi precedenti (“Brucia Troia”, “Dimmi Tiresia”, “Le sirene”, “Fatalità”, “Modi”, “Corvo torvo”, “Scivola vai via”, “Marajà”). È sulla terra e nell’Ade, è nel buio di una silhouette e dentro uno specchio, è nella Bibbia, nella mitologia classica e negli archetipi ancestrali.
“A volte l’ombra non ti segue, ma ti sopravanza e ti calpesta”, dice Capossela introducendo “Sonetti”, brano tratto dal primo disco di “Canzoni della Cupa”. E qui l’atmosfera cambia, l’oscurità si fa meno fitta, la sensazione è quella di trovarsi in una sagra di paese. In chiusura lo spettacolo rispetta l’ordine in cui si susseguono le tracce dell’album, proseguendo con “Lo sposalizio di Maloservizio” e “Il lutto della sposa”, per concludere con le sonorità tex mex de “Il treno”. Facendo un’unica eccezione: l’ultimissimo brano non poteva che essere “Il ballo di San Vito”.
Poi un faro accecante puntato sul pubblico segna la fine del concerto. I musicisti emergono dall’ombra e mimano, alzando al cielo gli occhi e le braccia, lo stupore e la gioia del ritorno alla luce… ed è standing ovation. Inevitabile a questo punto il bis, che prende le mosse da “Che coss’è l’amor” e continua con due omaggi: “Stanco e perduto”, dedicato al produttore Renato Fantini, e “Itaca”, cover del celebre brano di Lucio Dalla, per ricordarlo nel giorno della sua scomparsa. “L’ombra rivela l’invisibile.” – conclude Capossela – “L’ombra esiste solo se c’è la luce e di mezzo c’è un corpo”. Infine, sulle note di “Camminante”, scende il sipario.
Con l’album “Canzoni della Cupa” e con questo spettacolo, Capossela si conferma ancora una volta cantore underground di una tradizione popolare per molti versi perduta, in cui la narrazione delle storie è soprattutto orale. Cantautore folk e sperimentale, che affida alla musicalità della parola – non dei soli strumenti – un immaginario che può essere magico o malinconico, ma che di rassicurante ha poco. D’altra parte, come diceva Bob Dylan, “la musica tradizionale è fatta di spine, di creature notturne, di sangue, di cose misteriose”.
Di seguito le date del tour “Ombra. Canzoni della Cupa e altri spaventi” (prodotto e organizzato da F&P Group): il 27 FEBBRAIO al Teatro Colosseo di TORINO, il 28 FEBBRAIO al Teatro degli Arcimboldi di MILANO – sold out, l’1 MARZO all’Europauditorium di BOLOGNA – sold out, il 3 MARZO al Gran Teatro Geox di PADOVA, il 6 MARZO al Politeama Greco di LECCE, il 7 MARZO al Teatro Team di BARI, il 9 MARZO al Teatro Metropolitan di CATANIA, il 12 MARZO al Teatro Cilea di REGGIO CALABRIA, il 13 MARZO al Teatro Rendano di COSENZA, il 15 MARZO al Teatro Augusteo di NAPOLI, il 18 MARZO al Teatro Lyrick di ASSISI, il 19 MARZO al Teatro Goldoni di LIVORNO, il 21 MARZO al Teatro Valli di REGGIO EMILIA, il 23 MARZO al Teatro Openjobmetis di VARESE, il 24 MARZO al Nuovo Giovanni da Udine di UDINE, il 27 MARZO all’Auditorium Santa Chiara di TRENTO, il 29 MARZO al Teatro Coccia di NOVARA, il 30 MARZO al Teatro Civico di LA SPEZIA, il 2 APRILE al Teatro Verdi di FIRENZE, il 4 APRILE al Teatro Regio di PARMA, il 5 APRILE al Teatro delle Muse di ANCONA e il 10 APRILE all’Auditorium Parco della Musica di ROMA.
I biglietti per le date sono disponibili su TicketOne e in tutti i punti di prevendita abituali (per info: www.fepgroup.it).