Steve Coleman e Reflex: live al Valdarno Jazz
La chiusura della rassegna “Valdarno Jazz”, organizzata da Network Sonoro, in collaborazione con Music Pool, è stata affidata quest’anno ad una delle figure più intriganti e di spicco del jazz contemporaneo: il sassofonista e compositore Steve Coleman, in tour con il suo trio “Reflex”. Accompagnato da Anthony Tidd al basso elettrico e Sean Rickman alla batteria (già membri dei “Five Elements”), Coleman ha espresso in un serrato concerto di due ore la sua personale rielaborazione della tradizione jazzistica afroamericana.
Una poetica, quella di Coleman, tutta costruita intorno alla ricerca sul ritmo e che parte da lontano, dai tempi del collettivo “M-Base”. Una visione in cui il ritmo è inteso come ordine universale, come qualcosa di metafisico. “Il ritmo è ovunque”, disse una volta il musicista durante un’intervista. “Nel linguaggio che parlano le persone. Nella cadenza della lingua. Naturalmente nella poesia e in tutto il resto. Ma anche nel basket e nel modo in cui la gente cammina. È ovunque. Non mi riferisco solo al ritmo della musica. Prima ancora della musica, è l’universo ad avere ritmo. […] Basta guardare alle complesse orbite di pianeti come Marte o Giove… questo è ritmo”.
Steve Coleman è salito sul palco del Teatro Masaccio nella sua tradizionale “divisa” – berretto girato all’indietro e camicia aperta – fedele ad un linguaggio musicale d’avanguardia che è tutto suo, ma che lui stesso è riluttante a definire “jazz”. Si è mosso con energia e disinvoltura tra una molteplicità di variazioni ritmiche: fin dal primo brano, le note hanno preso a susseguirsi come passi di danza in una coreografia, con una precisione matematica, tanto nella metrica quanto nelle melodie.
Al fraseggio essenziale, rapido e graffiante del sassofono, rispondeva, tenendo il groove con delicatezza e discrezione, la morbida linea di basso di Tidd, nel classico schema del “botta-e-risposta”. Dal canto suo, il tocco efficace e puntuale di Rickman alla batteria riusciva a gestire sapientemente la dinamica dei pezzi, i climax, le tensioni e le risoulzioni. Impressionante il sincronismo quasi simbiotico tra i tre musicisti.
La ripetizione delle note e dei temi, condotta al limite dell’ossessività, i cambi di tonalità e velocità, le digressioni degli assoli di sax – quasi divagazioni nel labirinto mentale di Coleman – sono espressione di un modo di intendere la musica che è fondamentalmente gioco, ricerca e sperimentazione, talvolta portata all’estremo. Un modo proprio di suonare, la propria strada. Non a caso, Steve Coleman chiude il bis intonando a cappella “My Way” di Sinatra.