Ryan Adams incendia il Vittoriale: il live a Gardone Riviera
È un Ryan Adams in grande spolvero quello che si è esibito nella suggestiva cornice dell’Anfiteatro del Vittoriale di Gardone Riviera, il 12 luglio scorso. Look total black e capelli spettinati sul viso, il cantautore americano ha imbracciato la chitarra tra incenso e felini di peluche, dando inizio a un live emozionate e serrato di oltre due ore (e venti canzoni), con cui è riuscito a farsi perdonare i quindici anni d’assenza dai palchi italiani.
Deludendo forse le aspettative di chi immaginava un concerto acustico e intimista, Ryan ha proposto ai suoi fan una scaletta energica e prevalentemente elettrica, che – com’era prevedibile – ha lasciato ampio spazio ai brani tratti dall’ultimo disco. Con “Do you still love me?” in apertura, “Outbound Train”, “Doomsday”, “To Be With You”, la title track “Prisoner” e il b-side “Juli”, Adams ci ha regalato ben più di un assaggio della rabbia e della passione che trasudano dal suo diciassettesimo album in studio.
D’altra parte “Prisoner” è in un certo senso un disco di passaggio e di rinascita, come ha raccontato Ryan stesso in un’intervista: “Ho iniziato a lavorare su Prisoner mentre ero nel mezzo del divorzio [con l’attrice Mandy Moore, N.d.R.]. Essere me in quei momenti è stato distruttivo ad un livello che non riesco a spiegare. Fare questo disco mi ha aiutato a ricordarmi chi sono, quello ho fatto e che amo fare”.
Quell’amore per la musica, che è stato centro e ancora nella travagliata esistenza del cantautore, ha trovato espressione in una carriera quanto mai prolifica, che Adams ha voluto ripercorrere sul palco, a cominciare dalla bellissima “Cold Roses” dell’epoca dei The Cardinals, passando per chicche come “Sweet illusion”, “Halloweenhead”, “Everybody knows”, “New York New York” e “When the stars go blue”, con il suo inizio un po’ burrascoso.
Ryan si è interrotto infatti dopo le prime note, per scagliarsi (a ben donde) contro uno spettatore, colpevole di riprendere il pezzo con il telefonino. “Stop, stop, stop! Non sono una fottuta app, questa è vita reale, se devi vedere tutto il concerto attraverso un telefono allora alzati e lascia il tuo posto in prima fila ad un vero fan”. Poi ha cominciato la canzone daccapo, come niente fosse, dissolvendo l’aggressività di poco prima in una versione struggente, da togliere il fiato. D’altra parte, che Adams abbia una personalità sanguigna e umorale non è certo un mistero.
Non ci ha stupito perciò che subito dopo si sia messo a scherzare con un fan, che chiedeva a gran voce “English Girl”. “Dal palco le cose si sentono in modo distorto”, ha detto Ryan. “Io ho capito Walter Grey”. Così, prima di accontentare la richiesta con una stupenda versione acustica di “English Girl Approximately”, il musicista e la sua band hanno improvvisato un blues di tutto rispetto, per narrare le gesta del fantomatico Mr. Grey. E non ci ha sorpreso neanche che nell’ultimo pezzo del live, “Shakedown on 9th street”, abbia invitato tutto il parterre a correre sotto il palco.
Ryan Adams non è forse mai stato un innovatore, ma è senza dubbio un grande cantautore, figlio della tradizione americana, quella di Neil Young e di Bruce Springsteen. È un musicista che suona e compone da sedici anni con ironia e passione. È più che un esponente dell’alternative rock: è un nerd che ama Star Wars e suona la chitarra, un artista capace di andare oltre gli schemi sui generi e i preconcetti sul pop, perché guidato semplicemente dal suo gusto personale e dall’istinto. Ingiustificatamente sottovalutato dalla critica, Ryan resta per noi uno degli ultimi, veri rocker rimasti in circolazione. Se ancora non l’avete visto dal vivo, non lasciatevi scappare la prossima occasione.