Lenula, musica mediterranea

Intervista open air per i Lenula, gruppo pugliese da anni attivo sui palchi di tutta Italia. Li incontriamo fuori dallo Zammù di Bologna a pochi minuti dal concerto.

Per rompere il ghiaccio, ci presentate il vostro progetto?

Il progetto nasce nel 2007, e da allora lo stiamo facendo crescere e lo portiamo avanti con zelo. Ora stiamo ormai chiudendo l’album. Abbiamo inciso un Ep a maggio 2010, il primo lavoro discografico non ufficiale. L’abbiamo realizzato grazie a un’associazione culturale e musicale che si chiama Pelagonia, punto di riferimento del nostro territorio. Da qui è nata la collaborazione con l’etichetta La Fabbrica e un nuovo capitolo dei Lenula che speriamo possa andare ancora avanti.

Mi ha incuriosito il nome del vostro gruppo, ho visto che Lenula è il nome di una pianta che veniva usata come additivo nell’antichità nelle bevande alcoliche….

Sì, è una pianta che veniva utilizzata per gli infusi, per rimedi contro il mal di stomaco o per agevolare le funzioni digestive. Ci siamo fatti suggestionare dall’idea che l’anima risieda nello stomaco..

C’è quindi qualcosa di significativo, di ‘programmatico’ in questa scelta?

Mah, programmatico è forse troppo. Alcune cose nascono con un significato ma qualche tempo dopo può capitare che ne acquistino un altro…no?

C’è un filo conduttore dell’album, delle canzoni?

Forse i testi, la loro scrittura. L’idea di partire da qualcosa che abbia il sapore e le vibrazioni di una poesia, che sono quelle che scrive Gabriele Paparella, il cantante. I testi non nascono per delle canzoni ma perché sono già in vita.

Quindi nasce prima il testo e poi la musica…

Possono nascere anche separatamente…

C’è una canzone preferita, una a cui siete più legati?

Scrivere canzoni è come fare figli, non puoi dire che ne hai uno preferito. Anche solo per scegliere la scaletta dei brani da suonare in una serata siamo in difficoltà, vorremmo suonarle sempre tutte!

Quali le vostre influenze? Le cassette che mettevate nel mangianastri quali erano?

Anche se ci definiamo rock non abbiamo un genere preciso quindi è possibile trovare un po’ di sonorità diverse, dal rock ‘n’ roll al rockabilly alla psichedelia, è un insieme di tante influenze che ogni volta mettiamo in gioco. Non vogliamo confinarci in una sola tendenza, ma usiamo sempre la lingua italiana.

Niente inglese quindi?

No, è più interessante sperimentare l’italiano. Vogliamo restare fedeli alle radici mediterranee e sviluppare tutte le potenzialità della nostra lingua. Non ci piacciono i gruppi italiani che suonano in inglese. Certo, è più facile scrivere rock in inglese, ma privilegiare l’italiano ha anche un valore sociale, è un modo per restare collegati alla nostra cultura.

Come nasce il vostro sodalizio? Vi conoscevate da tempo?

Sì, siamo cresciuti insieme. All’inizio suonavamo in gruppi diversi poi ci siamo incontrati.

Progetti futuri, tour?

Non abbiamo un tour definito ma sicuramente porteremo in giro la nostra musica. Con il demo giriamo da ormai più di un anno e mezzo …anche con l’album faremo così. Abbiamo suonato in tante città e poi ci siamo fermati a registrare.

La situazione musicale italiana…com’è a vostro giudizio?

Credo ci sia tantissimo fermento che però non riesce ad esplodere. L’immagine che mi viene in mente è quella di una bottiglia sotto pressione. È impressionante scoprire quanti gruppi ci sono, quanta musica circola nelle cantine e tra la gente ma non riesce ad esplodere per colpa di qualcosa che neanche i musicisti stessi riescono a capire.

Voi avete avuto/avete difficoltà?

È difficile vivere di musica e mantenere una linea dritta e costante. Quando non suoniamo facciamo altro per vivere. C’è chi si occupa di cose ben diverse, chi resta nel campo…ma in ogni caso bisogna fare anche altro. In Italia non è ritenuto un lavoro essere musicista. Si pensa sia solo un passatempo. La cultura non viene più valorizzata. Fino agli anni 50 c’era il poeta, una figura riconosciuta e valorizzata. Poi con il boom economico certi ruoli sono svaniti. C’ è stato un declino culturale, delle arti in genere. Che invece sono lo spirito e la forza di un popolo. La musica è spirito, è passione, noi lo facciamo perché non potremmo stare senza, è la nostra vita. È bello viaggiare, suonare in posti nuovi, trasmettere il proprio messaggio, restare in movimento anche mentalmente.

C’è qualcuno con cui vi piacerebbe collaborare?

Paolo Conte, resta uno dei migliori. Ma anche con qualche altro gruppo italiano.

All’estero?

Nella sfera ideale, anche potendo andare indietro nel tempo, ci sono i Doors, i Pink Floyd… Led Zeppelin, chi ci ha insegnato l’arte della ribellione… farei volentieri due chiacchiere con Bob Dylan, mi prenderei un caffè con Keith Richards…sono i nostri maestri di sempre.