Klondike: intervista a Marco Degli Esposti, aka La Notte delle Streghe
È uscito il 6 ottobre “Klondike”, disco solista e ottima prova del cantautore ferrarese Marco Degli Esposti, in arte La Notte delle Streghe.
Il disco, come il precedente EP “Storie di Via Togliatti” (2015), pone al centro la parola: proprio per questo la musica risulta scarna. Quello de La Notte delle Streghe è un cantautorato minimale di grande impatto, la cui forza risiede nei testi, scritti da Marco intorno a temi personali eppure importanti.
In ogni canzone di “Klondike” si legge la voglia di scavare a fondo nel nostro tempo e nei sentimenti che lo animano. La ricerca dell’oro è una metafora per raccontare la fuga dal posto fisso, la ricerca di qualcosa che non si conosce, per cui vale la pena mollare tutto e ricominciare da zero. Come la musica.
“Klondike” è un album dai toni esistenziali, in cui Marco affronta temi personali (seppure comuni a molti) e profondi, temi del nostro tempo.
Si parla di felicità e sconfitte nel mondo del precariato, di voglia di ignoto, ma anche di quella di tornare a casa. Si parla dell’amore per la propria terra e della difficoltà di lasciarla, del confronto generazionale tra figli e genitori, dell’immensità dell’universo e dell’annullamento del pensiero, toccando anche la paura di invecchiare e della solitudine.
Abbiamo avuto il piacere di scambiare due chiacchiere con Marco. Ecco cosa ci ha raccontato.
Ciao Marco, innanzitutto grazie per aver trovato un po’ di tempo da dedicarci. Siamo felici di averti con noi. Cominciamo con una curiosità personale: come mai hai scelto questo nome così originale per il tuo progetto? Che significato c’è sotto “La Notte delle Streghe”?
Ciao, grazie a voi per l’attenzione! La Notte delle streghe è uno pseudonimo che usavo per raccogliere le prime canzoni scritte per l’EP “Storie di via Togliatti”. Via Togliatti a Bologna qualche tempo fa è diventata all’improvviso il punto maggiormente frequentato da tutte le prostitute della zona. Giorno e notte, neve o sole erano sempre lì. Io ci ho abitato per molti anni e di fatto erano le uniche persone che vedevi per strada visto il caos e il traffico costante. Quando tornavo a casa o uscivo la mattina, sempre lì. Hanno evocato in me un immaginario di altri tempi, come figure che esistono ma non esistono, ragazze che vagano come fantasmi, perse tutto il giorno sul marciapiede sotto casa mia. Da qui l’idea di Notte delle Streghe, intendendo la strega come una figura sempre ultima ma al contempo portatrice di verità diverse, conoscenze lontane e per questo esclusa dal mondo.
Il tuo album solista, “Klondike” è uscito il 6 ottobre. Vuoi parlarcene un po’?
“Klondike” è stato un lavoro iniziato proprio laddove “Storie di via Togliatti” finiva. Mi ci son voluti tre anni a pubblicarlo ma alla fine sento di averci messo tutto quello che avevo. Il punto di partenza è il mio licenziamento. Ho deciso che non avrei mai più lavorato in un’azienda e da qui ho iniziato la scrittura. È stato un processo lungo, più personale che compositivo, che ancora va avanti e mi porta a momenti di intensa instabilità.
Quali sono i temi di cui parli nelle tue canzoni? C’è un filo conduttore?
Direi che un filo conduttore c’è sempre se si scrive in un momento storico della propria vita ben definito. Il viaggio innanzitutto. Già dal titolo volevo cogliere l’essenza del ripartire con nulla in mano alla ricerca di qualcosa che non si conosce. “Klondike” vuole essere la mia personale lettura di un fenomeno che come me tocca anche migliaia di altre persone. Cambiare vita, ripartire da zero. Resettare. E’ disarmante, ma credo sia un punto centrale della generazione che stiamo vivendo. Dove non ci sono più porti (aperti), dove si vaga per il mondo, dove spesso si perde di vista la vera complessità delle cose e subentra la rinuncia. E quindi la voglia di ripartire.
Se dovessi descrivere “Klondike” con un solo aggettivo, quale sarebbe?
La domanda più difficile ricevuta finora. Su due piedi la prima cosa che mi viene in mente è lento. Non è un disco immediato, ha un ritmo davvero frenante in certi punti, e son felice di questa cosa. Anche ai concerti a volte mi scuso col pubblico se sto rovinando la serata a qualcuno. Volevo ci fosse una certa distanza fra ciò che è rapido e fruibile e ciò invece che deve essere colto attraverso il tempo. Da questo cambiamento ho imparato l’importanza nel dedicare il giusto tempo a ciò che si fa. È stata una scoperta enorme.
Dal tuo EP “Storie di Via Togliatti” a questo disco, in che direzione pensi stia evolvendo il tuo suono? Che cosa è rimasto uguale e che cosa invece è cambiato?
Mi piacerebbe dirti niente, ma non è così. La ricerca del suono è una malattia autoimmune che non ha una cura. Entrambi i dischi hanno un suono volutamente scarno, secco. Gli arrangiamenti sono volutamente minimi così come le canzoni sono composte da non più di tre accordi. La forma ridotta all’essenza, o almeno è quello che avevo in testa.
C’è un pezzo in particolare a cui ti senti più legato? Perché?
Oggi ti dico “Astronauta”, tra qualche giorno magari cambierò idea. Ogni volta che la canto ci sento sfaccettature che non avevo previsto quando la scrivevo. È una cosa rara, almeno per me, trovare segreti nelle proprie canzoni, forse indice di una velata pazzia, chi lo sa. Sta di fatto che la canzone racconta dello scontro fra due generazioni. Una giovane ragazza madre e il figlio o figlia, non so, che in un futuro non troppo lontano decide di abbandonare la terra e andare a vivere nello spazio. Lassù troverà la pace e tutte le risposte che la madre non è riuscita a darsi. Con questa canzone voglio augurarmi che nei nostri figli abbiamo ancora una speranza.
Una questione annosa: scrivi prima i testi o prima la musica?
Non esiste una regola, sia una che l’altra cosa.
Il genere cantautorale ha una lunga e florida tradizione. Quali sono i tuoi riferimenti artistici?
I miei riferimenti artistici sono quasi tutti stranieri in realtà. Amo la canzone italiana ma se devo guardarmi dentro quando scrivo o registro un disco i suoni e le parole che ho in testa non sono altri. Faccio un nome su tutti, durante la scrittura di “Klondike” sono stato invaso da Mark Kozelek: Red House Painters e Sun Kil Moon, tutto. Amo la sua scrittura e l’abisso che la circonda.
Che significa per Marco essere un cantautore?
Bella domanda. È un termine che non so più cosa rappresenti in realtà. Il cantautore è un messaggero che diventa tutt’uno col messaggio, è una cosa grande. Per pochi. Non per me infatti.
Da musicista emergente, come ti sembra in questo momento la scena musicale italiana? Che possibilità ci sono per chi vuole vivere di musica?
Trovo che sia un momento di grande fervore, solo ad ottobre assieme a “Klondike alcuni amici hanno pubblicato dischi meravigliosi. Penso a Setti o a Des Moines. Ci sono cose bellissime in Italia oggi, basta cercare. Le possibilità di vivere come musicista credo ci siano nel momento in cui uno abbia davvero del talento. Come in tutte le cose, se sei bravo in quello che fai alla fine raggiungi l’obiettivo. Poi che questo obiettivo sia gratificante è un altro discorso. Ma in Italia non campi neanche se lavori in banca, quindi è tutto molto relativo.
Parliamo di live. Il tour di presentazione del disco è già cominciato? Come stai promuovendo l’album?
La promozione del disco è iniziata il 6 Ottobre, il giorno della release. Sto suonando in due diverse formazioni, una elettrica in cui porto fuori l’album il più vicino possibile a come è stato registrato, con Stefano Bortoli alla chitarra, Francesco Pollachini al basso e Diego Mantovani alla batteria. Una acustica, accompagnato da Antonio Stella alla fisarmonica e Massimiliano Cranchi al piano.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro, nel breve e nel lungo periodo?
Ho un po’ di date con la Notte Delle Streghe e vorrei continuare a suonare il più possibile. A novembre pubblichiamo il quinto disco di Cranchi, altro progetto in cui suono e canto, e inizierà un tour parallelo a “Klondike”. Nel tempo che rimane mi dedico allo studio di registrazione. Comunque sia, suonare il più possibile. Sempre.
INFO:
Autore: La Notte delle Streghe
Album: “KLONDIKE”
Anno: 2018
TRACKLIST:
1 – Damasco
2 – Campagna di Russia
3 – Astronauta
4 – Klondike
5 – Silenzio delle Balene
6 – WAR Notturno
7 – Rionero
8 – Canzone d’addio