Il dream pop made in Bologna: intervista ai Dade City Days
Abbiamo sentito per la prima volta i Dade City Days al Covo Club di Bologna, dove hanno condiviso il palco con i Milburn, storica gloria del brit-pop. Ci hanno colpito i Dade City Days, con il loro mix di sonorità dream pop, shoegaze e new wave. Ci hanno affascinato con melodie capaci di evocare atmosfere sognanti e rarefatte, per poi trasformarsi in improvvise esplosioni di suono. Nata quattro anni fa, la band bolognese – formata da Andy Harsh (voce, chitarra, synth), Gea Birkin (basso e voce) e Michele Testi (batteria e drum machine) – ha all’attivo un debut album, “VHS”, e una lunga lista di live e collaborazioni. Abbiamo avuto il piacere di scambiarci due chiacchiere e questo è il risultato.
Rompiamo il ghiaccio con una domanda di rito: come sono nati i Dade City Days?
Siamo nati un po’ a singhiozzo in realtà. Ci conoscevamo già e c’eravamo promessi diverse volte di ritrovarci in sala prove, ma ci abbiamo messo un po’, anche perché alcuni di noi suonavano in altri progetti. La cosa bella è stata che, dopo aver iniziato, non abbiamo più smesso. Inizialmente avevamo cercato anche un quarto elemento, ma abbiamo capito andando avanti che in tre funzionavamo meglio, c’è molta sintonia tra di noi.
Da quando avete cominciato a suonare insieme, avete fatto una gavetta mica male! Avete condiviso il palco con diversi artisti della scena underground e alternative, come i The Raveonettes e i Modern English. C’è un musicista o una band con cui vi piacerebbe collaborare? Perché?
La gavetta in realtà la stiamo continuando a fare, ma dobbiamo dire che ci siamo tolti parecchie soddisfazioni. VHS è stato il nostro esordio e ci ha portato a suonare in molti palchi, in Italia e all’estero, anche insieme a gruppi che adoriamo, come i The Raveonettes, i Soft Moon e, non ultimi, i Neon. Il musicista con cui vorremmo collaborare è sempre “il prossimo”: crediamo che lavorare con artisti diversi sia il modo migliore per crescere come gruppo.
Il 2015 per voi è stato un anno importante. Ho letto che avete curato la colonna sonora del film “La Linea Gialla – Bologna, 2 agosto”. Com’è stata questa esperienza?
È capitato quasi per caso, la produzione aveva bisogno di un tappeto musicale e di qualche pezzo da usare come stacco, nelle interviste presenti nei contenuti speciali. Noi avevamo diversi brani strumentali, che non rientravano in VHS, e li abbiamo proposti. La collaborazione è stata praticamente immediata.
Poi, nello stesso anno, siete anche entrati in studio per registrare il vostro primo album, VHS. Vi va di presentarci un po’ il disco?
In VHS c’è tutto quello che ci accomuna e al tempo stesso ci distingue. Tra di noi siamo parecchio diversi come background e gusti musicali, pur avendo una base comune. Gea ascolta molto più pop e indie rock ed è sempre aggiornata sulle novità discografiche, Andy è nato con l’MTV generation e la dance anni ’90, mentre Michele è molto più legato a gruppi anni ‘80. In VHS c’è tutto questo. Ci piace molto la presentazione che abbiamo scritto insieme ai ragazzi della Ja La, che lo descrive come “una sensazione di torpore e smarrimento tipica del dormiveglia, tra riverberi e voci lontane, immagini confuse e sfocate. Come rivedersi in vecchie videocassette, rifugiarsi nel conforto di ricordi sbiaditi che si conoscono a memoria, ché da lontano le cose sembrano sempre migliori”. Ecco cos’è per noi VHS.
C’è una canzone a cui vi sentite particolarmente legati? Perché?
Per un motivo o per l’altro siamo affezionati a pezzi diversi, e sarebbe difficile metterci d’accordo. Forse il pezzo più significativo in questo momento è l’ultimo uscito, che abbiamo incluso nella versione live di VHS. S’intitola “Fair Play” e crediamo sia molto indicativo della direzione in cui si sta evolvendo il nostro suono.
Quali sono i vostri riferimenti musicali? C’è qualche band o musicista che vi ha influenzato più di altri?
Come dicevamo prima non c’è un vero e proprio riferimento musicale comune, è più una miscela di influenze, che riusciamo a unire suonando insieme. Forse l’artista che più ci unisce e a cui dobbiamo di più è David Bowie, ma probabilmente tutti devono qualcosa a David Bowie. La sua scomparsa ci ha colpito davvero molto, anche perché nello stesso periodo usciva il nostro primissimo singolo, “Polaroid”.
La primavera scorsa si è concluso il vostro primo tour, giusto? Com’è andata? Ci raccontate un aneddoto divertente?
Beh, suonare in giro è sempre bello, pur essendo impegnativo. Lavoriamo tutti e tre e riuscire a incastrare le cose non è sempre stato semplice, anche perché abbiamo fatto più di 50 date in un anno. Di ricordi e aneddoti ce ne sono tanti, ma sicuramente non dimenticheremo mai il concerto che abbiamo fatto a Londra. Eravamo stati lì tre giorni e, dopo il live, avremmo dovuto prendere l’aereo all’alba, ma le strade erano chiuse per dei lavori e non riuscivamo a capire dove prendere il bus. Tutto questo con trolley e strumenti al seguito e con l’ansia di non arrivare in tempo. Avremo perso 2 kg a testa!
In base alla vostra esperienza, è difficile essere musicista in Italia? Che opportunità offre secondo voi la scena musicale italiana?
Molti si lamentano della musica che gira oggi in Italia, o della fatica che si può fare a suonare in giro, ma in realtà sono lamentele abbastanza inutili. Se si crede in quello che si fa e ci si mette un po’ d’impegno, non è così difficile ottenere dei risultati e riuscire a divertirsi allo stesso tempo. Poi è ovvio che se si punta a campare di musica il discorso si fa più complesso. Oggi sono in pochi a riuscirci e di sicuro non è solo questione di fortuna, hanno anche lavorato molto per arrivare dove sono.
Spotify, YouTube, i social hanno cambiato radicalmente il mercato della musica e le modalità di ascolto. Cosa ne pensate? Quali sono i vantaggi e gli svantaggi che vedete nel fare musica oggi?
L’ascolto attraverso i social è molto immediato, ma è giusto che lo sia in una società frenetica come quella di oggi. Sicuramente è positivo avere così tanta musica disponibile con un solo click. Per un musicista è un vantaggio poter raggiungere così tanti utenti, ma è anche più difficile riuscire a emergere e farsi ascoltare. Le band ora si scoprono più tramite il passaparola e il sentito dire, ad esempio perché l’amico ha condiviso un pezzo o si è registrato a un concerto o ha citato la frase di una canzone. Bisogna esser bravi a entrare in questo meccanismo.
Quali sono i vostri piani per il futuro? Dobbiamo aspettarci un nuovo album e un nuovo tour a breve? Volete darci qualche anticipazione?
Stiamo lavorando al secondo disco, ci stiamo prendendo il tempo necessario. Potremmo dirvi che in realtà l’abbiamo scritto tutto, o che non l’abbiamo iniziato per niente. Vi possiamo anticipare che, rispetto a VHS, ci saranno soluzioni più “pop”, soprattutto nelle linee vocali. Sicuramente abbiamo voglia di cose nuove e di rimetterci al lavoro per poterle proporre presto anche dal vivo!
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