SANTO NIENTE – MARE TRANQUILLITATIS
Ricordo come fosse ieri quando all’Oasi San Martino, mai troppo compianto locale di Acquaviva delle Fonti, nel febbraio di due anni fa, durante il concerto del Santo Niente, ascoltai per la prima volta l’inedita “Cristo nel cemento”. Quei suoni mi riportavano alle produzioni targate C.P.I. e mi facevano ipotizzare un futuro nuovo album roccioso e sferragliante.
Ma si sa, Umberto Palazzo è artista poliedrico, la cui imprevedibilità è stata negli anni efficacemente canalizzata, tra l’altro, nel suo album solista “Canzoni della notte e della controra”, sospeso tra la malinconica poesia di Piero Ciampi e l’ombrosità di Nick Cave e nell’esperimento esotico e strumentale “El Santo Nada”.
Proprio alla luce di tale versatilità va accolto “Mare Tranquillitatis”, che già nel titolo allude a questa pulsante voglia di nuove esplorazioni. Se l’accoppiata iniziale “Cristo nel cemento” e “Le ragazze italiane” davano forza all’idea che m’ero fatto quella sera, è il libro delle storie di umanità varia che si apre con “Un certo tipo di problema” a confonderla piacevolmente, fino a ridurla in brandelli. “Maria Callas” ha la scontrosa grazia con cui Saba rivestì la sua Trieste. “Sabato Simon Rodia” racconta la storia del minatore emigrante semianalfabeta che costruì le Watts Towers di Los Angeles, scarnificando la musica, ridotta a suoni sospesi e rumori di fondo, in modo che la parola possa esprimere tutta la sua potenza. E’ invece la sezione ritmica a giocare un ruolo essenziale in “Un certo tipo di problema”, storia questa di miseria urbana, grigia di droga e di solitudine. Con “Primo sangue” l’album tocca il punto più alto: un vero e proprio mantra ipnotico che, in oltre 10 minuti, miscela chitarre elettriche e beat house con una maestria che solo chi da anni interpreta e asseconda l’umore del pubblico misurandosi dietro una consolle, può permettersi.
“Mare tranquillitatis” è un album che trasuda coraggio, per una manciata di motivi: innanzitutto, se in tempi di cover band, tribute band e compagnia scimmiottante già proporre musica propria è da eroi, osare con sperimentazioni che frantumano schemi e classificazioni, sfiora il martirio artistico; in seconda battuta, voltare le spalle alle mode e agli appiattimenti emulativi per cui chi non ha fatto in questi ultimi anni un album “alla Teatro degli orrori” è un nerd, è segno di forte personalità; poi ancora, infarcire i testi di spunti letterari, in un paese in cui un italiano su due non legge affatto, è da kamikaze; infine e più in generale, continuare a pubblicare album in un periodo in cui la domanda è fiacchissima considerato che mai, come oggi, si consuma musica, però mai come oggi questa non si compra, è davvero da impudenti!
Tracklist:
1 Cristo nel cemento
2 Le ragazze italiane
3 Un certo tipo di problema
4 Maria Callas
5 Primo Sangue
6 Sabato Simon Rodia